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Celle fotovoltaiche: funzionamento e tipologie

Celle fotovoltaiche - Memodo
Nozioni sul fotovoltaico
Aggiornato il 15. settembre 2022
5 min. Tempo di lettura
Jakob_Sossi
Jakob Sossi

Sicuramente il termine celle fotovoltaiche ti è già familiare. Ma conosci il loro funzionamento? Come fanno a catturare energia solare e a convertirla in energia elettrica?

In questo blog andremo ad analizzare la tecnologia che sta alla base di questi interessanti quadretti ed andremo a elencarne anche le diverse tipologie e relative caratteristiche. Continua a leggere per saperne di più.

Di cosa sono fatte le celle fotovoltaiche?

Una cella fotovoltaica è un dispositivo elettrico a forma quadrata. Immagina di vedere un piccolo quadrato molto sottile di circa 12 cm per lato con uno spessore che varia tra 0,25 e 0,35 mm.

Il materiale generalmente utilizzato per le celle fotovoltaiche è il silicio cristallino. Si tratta di un materiale semiconduttore, ovvero con un livello di conducibilità che dipende dalla temperatura e dal campo elettrico a cui il semiconduttore è sottoposto.

Una cella è solo un piccolissimo tassello del mosaico che costituisce un modulo fotovoltaico. Ogni cella viene infatti collegata alle altre tramite nastrini metallici, le cosiddette bus-bar, creando così circuiti in serie o in parallelo che danno vita ad un pannello fotovoltaico. Le diverse configurazione in serie e in parallelo delle singole celle creano moduli con caratteristiche di corrente e tensione massima diversificate. Ma vediamo ora come funzionano!

Da energia solare a elettricità

Se la cella fotovoltaica è in grado di produrre energia elettrica sfruttando l’energia del sole, questo lo si deve al cosiddetto effetto fotoelettrico. Tale effetto si ottiene grazie allo sfruttamento delle proprietà di alcuni semiconduttori, che vengono opportunamente trattati così da produrre energia quando colpiti dai raggi solari.

Nel caso del silicio, questo viene sottoposto ad un processo denominato drogaggio, che consiste nell’aggiungere delle “impurità”, ovvero atomi di due elementi diversi (il boro e il fosforo) per modificarne la sua stabilità elettronica. 

Nello specifico, al silicio che si trova nello strato inferiore della cella viene aggiunto il boro, che conferisce a questo strato una carica positiva (strato di tipo P), mentre nella parte superiore della cella viene aggiunto del fosforo, ottenendo uno strato di tipo N, con carica negativa. La cella fotovoltaica è costituita dunque da una giunzione dei 2 strati di tipo P-N.

Quando questa giunzione viene colpita da un fascio di luce abbastanza potente, l’energia del sole è in grado di rompere i legami all’interno della cella e di produrre spostamenti di carica al suo interno. Tale processo crea una forza elettromotrice ai capi della giunzione P-N di circa 0,5 V. Ed ecco che viene generata energia!

Per aumentare la potenza totale prodotta, le celle fotovoltaiche vengono poi collegate in serie formando così un modulo fotovoltaico.

Quali tipi celle fotovoltaiche esistono?

Esistono diverse tecnologie di celle fotovoltaiche. Distinguiamo:

  • Celle in silicio monocristallino
  • Celle in silicio policristallino
  • Celle a film sottile
  • Celle in silicio amorfo

Nella stragrande maggioranza dei casi, i moduli fotovoltaici  sono composti da celle monocristalline. Raramente ci troviamo di fronte a moduli con celle policristalline. I moduli con celle a film sottile e in silicio amorfo costituiscono ormai una quota pressoché nulla del mercato. Approfondiamo ora le differenze tra celle monocristalline e policristalline per capirne le differenze.

Celle monocristalline

I cosiddetti monocristalli vengono ottenuti fondendo del silicio molto puro. Si ottengono in questo modo dei lingotti di forma cilindrica che vengono successivamente tagliati a fette molto sottili (wafer) di 0,2 / 0,3 mm. Siccome la forma circolare dei wafer aumenta lo spazio inutilizzato tra le file di celle che compongono il modulo, queste vengono sagomate in forme geometriche più squadrate (ad esempio in ottagoni) in modo da poter coprire meglio la superficie del panello. 

Purtroppo, questo tipo di sagomatura produce parecchio scarto e quindi aumenta i costi della produzione. Successivamente i wafer monocristallini vengono sottoposti al trattamento di drogaggio e trattamento superficiale antiriflesso. Infine, affinché il wafer diventi una cella fotovoltaica, vengono apposti dei contatti elettrici su entrambi i lati. L’efficienza delle celle monocristalline di ultima generazione si assesta ormai al 21 %, una soglia nemmeno immaginabile qualche anno fa.

Celle policristalline

Il processo di produzione del silicio policristallino viene chiamato fusione in blocco. Il silicio grezzo, meno puro rispetto a quello utilizzato per le celle monocristalline viene fuso, colato negli stampi e raffreddato in modo controllato. Durante la fase di solidificazione, i cristalli si dispongono in modo casuale, da qui il nome policristallino. 

Per questo motivo, nei wafer policristallini la superficie presenta i tipici riflessi cangianti. I lingotti di silicio policristallino vengono solidificati in forme a sezione rettangolare. Non c’è quindi bisogno di sagomarli e produrre altro scarto, come nel caso del monocristallino. Le celle policristalline hanno una resa del 15 % circa, rispetto al 21 % del monocristallino). Questo è il motivo principale per il quale i produttori di moduli hanno tutti optato per le celle monocristalline.

Se vuoi approfondire la lettura sui pannelli fotovoltaici e sui criteri di scelta di questi, qualche settimana fa abbiamo scritto proprio un articolo sulla scelta dei moduli FV che può fare al caso tuo.

In breve

  • Le celle fotovoltaiche stanno alla base dei moduli, collegate tra loro da nastrini metallici detto bus-bar;
  • La cella a base di silicio monocristallino è nettamente prevalente rispetto a quella ormai obsoleta del silicio policristallino;
  • Grazie all’effetto fotoelettrico, si crea energia elettrica con una resa del 21 % per le celle monocristalline.
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